giovedì 11 settembre 2014

Il punto. Fucilieri di marina.





Lo scopo di questo breve scritto è quello di fornire un parere che sia quanto più semplice possibile, lontano da fastidiose ed a volte incomprensibili terminologie giuridiche, sulla nota vicenda dei marò italiani trattenuti in India in attesa di un processo. È anzitutto fondamentale una preliminare precisazione: il punto focale della questione, spesso travisato da media ed esponenti politici desiderosi di cavalcare il malcontento popolare puntando più alla pancia che al cervello, è relativo alla differenza tra laccertamento dei fatti - e cioè il vero e proprio processo - e chi il processo lo dovrà celebrare, ovvero quella che viene tecnicamente definita la giurisdizione. Nessuno dunque intende per partito preso ritenere Latorre e Girone colpevoli di qualcosa, tuttavia è indubitabile che due cittadini indiani siano morti a causa di alcuni colpi darma da fuoco esplosi dalla nave ove i  due marò erano imbarcati e che questi ultimi siano i principali indiziati per la morte dei primi. È quindi necessario, nessuno potrà contraddirmi, celebrare un processo per accertare questi fatti. Ciò su cui si dibatte, da anni ormai, è il luogo ove questo processo debba essere celebrato. Questo dunque è quello che dobbiamo capire. La posizione da escludere immediatamente è quella di chi, sostenendo che i fatti siano avvenuti allinterno di una nave battente bandiera italiana, sostiene che il processo debba essere celebrato solo ed esclusivamente in Italia. Questa tesi non è nemmeno degna di essere presa in considerazione poiché il relativo articolo di legge è applicabile esclusivamente se i fatti avvengono allinterno del naviglio italiano senza conseguenze allesterno dello stesso, ma qui la situazione è diversa ed è così riassumibile: due militari italiani, dallinterno di una nave italiana, aprono il fuoco (fatto da accertare attraverso il processo) contro una nave indiana uccidendo due cittadini indiani, il tutto in acque internazionali, ma allinterno della zona dinfluenza economica esclusiva dellIndia. Solitamente le situazioni soggettive relative ai militari stranieri in tempo di pace sono regolate da accordi bi o plurilaterali tra nazioni, come ad esempio quello in vigore tra Italia e U.S.A., che però alla data dei fatti di cui stiamo trattando, tra Italia ed India, non esisteva. Ecco che dobbiamo ricercare altrove la soluzione del problema. Volendo escludere che il diritto penale indiano possa esercitarsi, posizione dubbia, allinterno della zona dinfluenza economica esclusiva indiana, dobbiamo interrogarci su quali possano essere gli elementi di collegamento alluna - quella indiana - o allaltra - quella italiana - giurisdizione. LIndia, oltre al collegamento territoriale (z.i.e.e.), sostiene che spetti a loro il diritto di processare i militari italiani poiché essi sono accusati, in linea di massima poiché il capo dimputazione è ancora in corso di formulazione, di aver ucciso due cittadini indiani aprendo il fuoco contro una nave battente bandiera indiana. LItalia può solo sostenere che il processo debba essere celebrato qui poiché sono coinvolti dei militari italiani impegnati in una missione internazionale, ma questa posizione appare decisamente debole poiché non supportata dalla normativa né internazionale né locale. Altrettanto impraticabile risulterebbe essere la possibilità di affidare la controversia ad un tribunale internazionale, poiché uno solo dei due paesi ha sottoscritto il relativo trattato. In linea teorica potrebbe essere possibile celebrare un doppio processo, sia qui in Italia che lì in India, ma ciò sarebbe evidentemente del tutto inutile. Appare quindi fondata, a parere di chi scrive, la richiesta dellIndia di esercitare la giurisdizione sul caso. Quando verranno superate le lungaggini del sistema giudiziario indiano, da che pulpito viene la predica, se i nostri militari verranno condannati potranno richiedere di scontare la pena in Italia e ciò in virtù di un trattato in vigore tra i due paesi.
Giovanni Mennella
@GioMenny

martedì 9 settembre 2014

It happens in Italy...


Italian Prime Minister Matteo Renzi doesn’t find the time to answer to a message from Sofia’s father. On august 19th 2014, little Sofia De Barros from Florence, Italy, collides another time against the wall of italian bureaucracy. If it was all a figment of the imagination of a human being it would be a work of Kafka. But let’s start from the beginning. It all begins when Sofia was taken ill with a disease that leaves no escape, metachromatic leukodystrophy, also called MLD, officially incurable. Now Sofia is only five and she’s sick since she was two; she  can’t heal, but she could live better and suffer less. Sofia unfortunately is already addicted to pain killers therefore she became  drug-resistant. The treatment no longer has any effect on her. Two years ago Sofia began a therapy based on stem cells that, inexplicably for science, gave her a bit of relief. It made her life better and she gained some dignity that one should not even deny to the worst enemies. After a while the institutions decided that this therapy could not be done to anyone. It was considered "Dangerous" because nobody knows the risks of this therapy yet. The italian bureaucraty said, “STOP!" But Sofia’s parents, like the ones of many other sick children, said "no, we don’t agree" and turned to another state power, this time different, they turned to the judicial power. The judges, evaluated each question thoroughly and they have given the rights to patients already under therapy like Sofia, to follow the stem treatment. Shouldn't this be enough ? No !! The doctors who made more than 400 infusions of stem cells are now on a “consciousness strike” and they don’t do infusions any longer. Nobody knows the real reason of this strange kind of strike… Meanwhile Sofia and the others get worst every day:  breathing problems, swallowing with difficulty, they lose their appetite, and have muscle spasms. So what did parents do? Did they give up? Of course not! They went to the same judges who have ruled to allow them to continue the treatments and asked them to do something because their judgments are respected. Unthinkable! Some judges appointed doctors who were volunteering to work on it meanwhile other doctors stated that they couldn't appoint anyone, not even the volunteers, because this was outside of their power. There’s a little bit of confusion, I must admit it. And then our little Sofia, to whom the Court first said in 2013 "do the therapy" and then to whom the court said in 2014 "we can’t assign you any doctor  to follow the treatment because this is out of their power”, what would she think of us? Sofia's parents never gave up and they went to three other judges, just because they didn't agree with the 2014 decision. They  want to follow the therapy! She wants to eat ice cream with the spoon as before but now she’s fed artificially. Are you following me? Right! That brings us to August 19th when Sofia’s father, with his attorney, appeared in front of the three judges. Who was missing? The hospital! Why? Because we were in august and the post offices were very busy and behind schedule and the notification to the hospital wasn’t made ​​on time. Easy. So what are the options? The judges didn’t lose their heart and said  to Sofia to come back on the second of september at 9:30 a.m. But it’s not over yet. A public prosecutor inquired the man who “invented” this method of infusing stem cells to confiscate the cells from the laboratory of the hospital, by doing this he took away the possibility to make the therapy available to the people authorized by other judges. On September second 2014, the judges rejected their request  therefore they did not assigned her any doctor for the treatment. Sofia's mother speech.
What do you think about that? For more information visit the twitter hashtag #iostoconsofia or email info@voavoa.org.
Giovanni Mennella
@GioMenny
(translation Orsola Fezzi - NYC)

giovedì 4 settembre 2014

2 settembre 2014: un altro no per la piccola Sofia





Ancora uno scontro con la Giustizia per la piccola Sofia De Barros di Firenze. Il due settembre si è riunito il collegio giudicante, altri tre giudici rispetto a quelli che il 24 agosto l’ avevano rimandata per intenderci, che in poco più di 24 ore hanno emesso un pronunciamento per lei negativo, almeno il terzo, confermando la linea del giudice monocratico livornese: Sofia ha il diritto di terminare la terapia a base di cellule staminali, ma non è possibile, per gli stessi giudici che le hanno riconosciuto questo diritto, nominare un medico, ancorché volontario, che somministri la cura. In buona sostanza, per chi non capisse né questi contorti meccanismi né ciò di cui stiamo parlando, dirò solo che Sofia ad appena cinque anni ha già visto più ospedali e tribunali di quanti una persona normale difficilmente riuscirebbe a vederne in una vita intera. Sofia ha passato metà della sua vita malata di un’infermità che non lascia scampo ed i suoi genitori hanno l’unica colpa di volere per lei una vita con meno patimenti. Probabilmente quando viene diagnosticata una simile malattia si viene condannati, oltre che a morte, anche all’indifferenza. Una cura però Sofia l’aveva trovata, si badi bene, non una cura miracolosa ma semplicemente un sollievo per le sue sofferenze: infusioni di cellule staminali. Volendo andare al di là della polemica che sta attraversando il Paese, dal Ministero della Sanità all’A.I.F.A., passando per gli Spedali Civili di Brescia e per i tribunali di mezza Italia, non riesco sinceramente a capire quali siano le ragioni che impediscono all’uomo adulto di permettere ad un bimbo di non soffrire. È criminale agire per non far soffrire un bimbo? Costa troppo? Non ditemi che costa troppo altrimenti sono costretto ad informarvi, una spesa su tutte, che il Ministero della Difesa spende 330.000€ per tradurre i manuali di istruzioni di una trentina di mezzi militari che abbiamo regalato alla Repubblica di Gibuti e scommetto che non tutti sapete dove si trova. Ve lo confesso: il mio è diventato un tarlo. Nel rispetto delle Istituzioni, della magistratura, delle obiezioni di coscienza di medici che hanno praticato più di 400 infusioni senza alcun problema, mi chiedo cosa stiamo facendo. Spero solo in cuor mio che non vi siano interessi economici in ballo, potrei anche vergognarmi di appartenere al mondo degli adulti e sinceramente non saprei proprio cosa dire ai miei figli, una volta che avranno raggiunto l’età per chiedere e capire. Qualcuno, nel mezzo della frenesia della vita quotidiana, si è accorto che i bimbi guardano agli adulti come a degli esseri infallibili nei quali riporre fiducia incondizionata? I bambini ci venerano e vedono in noi l’esempio, a noi si ispirano per crescere. Sofia non è sola, ci sono molti bambini come lei che lottano tra ribunali e ospedali per avere accesso a queste cure. Celeste, Gioele, Alessia, Sebastian, Federico e tanti altri. Io sono con loro."
G.M.